Come mantenere un’opera durevole nel tempo: alcune riflessioni

A seguito del crollo del viadotto di Genova siamo stati subissati, su giornale e televisione, da opinioni di “esperti” o pseudo tali che si avventuravano nello stabilire cause e modalità del crollo, e come si sarebbe potuto prevenire.

Questo ci dovrebbe portare ad una riflessione: in Italia manca molto spesso una cultura ed una conoscenza di come realizzare e mantenere nel tempo “un’opera durevole”.

Strutture in calcestruzzo, cosa verificare.

Certamente oggi abbiamo conoscenze molto approfondite dei fenomeni aggressivi che influenzano la loro durabilità e per questo ne teniamo  conto  fin dalle fasi di progettazione delle opere.

La durabilità è intesa come la capacità dell´opera di resistere ai fenomeni aggressivi ambientali durante la sua vita utile mantenendo inalterate le funzionalità per la quale è stata progettata.

Quindi, la durabilità del calcestruzzo, deve essere  legata alla vita utile dell´opera.

La miscela di calcestruzzo deve essere progettata sia in un’ottica strutturale sia in un’ottica ambientale; entrambe le progettazioni devono stabilire i parametri idonei della miscela e, alla fine, i dati devono essere incrociati prendendo poi quelli più restrittivi in termini ad esempio di:

–  Rck,
–  rapporto a/c,
–  contenuto di cemento,
–  contenuto in aria,
–  tipologia di materiali (cemento, aggregati, additivi, ecc).

La normativa vigente dà delle indicazioni utili ai fini della durabilità, legando ogni classe di esposizione del calcestruzzo a un Rck minimo, ad un rapporto a/c massimo, ad un contenuto minimo di cemento, ad un contenuto minimo in aria.

In fase di progettazione si deve valutare correttamente sia la classe di esposizione sia le eventuali microfessurazioni che possono ingenerarsi nella struttura durante il suo utilizzo.

La fase di cantiere è fondamentale poiché sappiamo che calcestruzzi poco compatti, mal maturati e con bassi copriferri sono maggiormente aggredibili dagli agenti ambientali ed è quindi fondamentale, in fase di esecuzione, compattare bene il calcestruzzo evitando nidi di ghiaia, curare le riprese di getto e maturare il calcestruzzo per un tempo adeguato in maniera umida.

Strutture in acciaio, come garantirne la durabilità.

La loro durabilità è legata sostanzialmente ai rivestimenti protettivi realizzati sugli elementi.

Nella scelta del tipo di rivestimento si deve considerare la durabilità intendendola come il tempo intercorrente tra una manutenzione e la successiva. Secondo questo schema esistono essenzialmente  tre classi di durabilità:

durabilità  < 5 anni,
durabilità  tra 5 e 15 anni,
durabilità  > 15 anni.

La durabilità è quindi la durata prevista della protezione alla corrosione.

Strutture in legno, cosa cambia dalle precedenti?

La progettazione e la realizzazione di una struttura in legno deve essere affrontata in un’ottica completamente diversa dalle strutture in acciaio o in calcestruzzo che per loro natura sono estremamente più durevoli di una struttura in legno; infatti queste non “marciscono” velocemente nel tempo se esposte agli agenti atmosferici ed al massimo si degradano più o meno velocemente.

Tutto questo vuol dire  “obbligare” a programmare su una struttura in legno continue manutenzioni ordinarie e straordinarie nel tempo in relazione alla classe di rischio biologico.

Questa riflessione mi porta ad introdurre un concetto che ritengo fondamentale: quello della “programmazione della manutenzione” durante la vita dell’opera.

Programmare una  manutenzione vuol dire organizzare e mettere in relazione tra loro i seguenti aspetti:

– come eseguire un controllo della struttura nel tempo,0
– analizzare i rischi a cui la struttura potrebbe andare incontro,
– programmare le diverse tipologie di interventi da attuare,
– stabilire quali sono le parti d´opera da manutentare,
– stabilire i tempi in cui agire,
– stabilire i soggetti da coinvolgere,
– stabilire i costi da sopportare.

La durabilità di un materiale a base di legno è un concetto piuttosto ampio e coinvolge l’insieme dei fattori (biotici e abiotici) che possono compromettere la capacità di mantenere nel tempo (ovvero per un periodo di esercizio economicamente ragionevole) le prestazioni richieste dall’impiego (quindi sotto l’influenza delle azioni attese e a fronte di un’ordinaria manutenzione).

Una durabilità adeguata implica di non dover ricorrere a costi imprevisti o alla sostituzione non programmata degli elementi.

Due concetti sono fondamentali:

DURABILITÀ = come un materiale si comporta nei confronti dei processi di degradamento.

DEGRADAMENTO = variazioni indesiderate delle prestazioni originarie (estetiche e/o meccaniche).

I fattori responsabili del degradamento del legno possono essere biologici chimici (luce), fisici (umidità, dilavamento), termici (fuoco), meccanici (eccesso di carico).

Quindi dobbiamo proteggere il legno da:

funghi ed insetti     protezione biologica
raggi UV ed umidità     protezione climatica
fuoco     protezione antincendio

Insieme ad un piano di manutenzione deve essere predisposto un piano di controllo delle strutture da implementare durante tutta la vita utile dell´opera, il binomio “controllo – manutenzione” è inscindibile.

Non voglio dare giudizi sull’operato di molti tecnici ma è mia personale impressione che il piano di manutenzione (e tanto di più il piano di controllo) sia stato spesso non preso nella dovuta considerazione e che scarseggi la visione dell´opera nella sua fase di utilizzo.

Ma chi dovrebbe fare il piano di manutenzione?

Il DPR 207/2010 citava (all’articolo 33 comma e): il piano di manutenzione, tra i documenti facenti parte del progetto esecutivo e la sua redazione, risultava essere onere dei progettisti dell´opera ognuno per la sua parte di competenza.

 

Questo articolo è disponibile anche sul blog di wood lab.

 

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ingdazennaro